“Un calvario dopo la caduta in bici, per un intervento che sarebbe stato banale…”

Riceviamo il racconto del nostro lettore Vittorio, vittima di una sanità che lo ha costretto a letto per quasi un anno…

Vittorio Iantorno prima della sua caduta in bici

La mia storia nasce da una caduta in bici come tante, con conseguente frattura del femore, risolvibile normalmente con un intervento di routine, che però si è trasformata in un vero e proprio calvario, che ha cambiato profondamente la mia vita…

Inizia così il racconto di Vittorio Iantorno, 50enne di Castrolibero, laureato in Ingegneria Informatica e dipendente presso un’azienda informatica con sede a Mangone.

In questi ultimi anni Vittorio ha sempre praticato sport a livello amatoriale semi-agonistico, ed in particolare il ciclismo, di cui è un grande appassionato, iscritto alla DRS Cycling, un grande gruppo fatto di persone per bene e che sposa a pieno il suo modo di vivere lo sport. 

L’incidente che sta alla base del suo racconto avviene il 5 giugno scorso, in un tratto non molto lontano da casa sua. Data l’impossibilità a muoversi dopo la caduta, viene immediatamente trasportato al Pronto Soccorso di Cosenza con un’ambulanza e qui ricoverato d’urgenza. Infatti i dottori del reparto di Ortopedia ritengono necessario intervenire attraverso l’applicazione di un’artroprotesi alla gamba infortunata, la destra.

Prima anomalia: nonostante la gravità della situazione, sono stato operato ben una settimana dopo, quando normalmente i tempi di intervento non dovrebbero mai andare oltre le 24 ore successive, come accertato in tutti i centri ortopedici che ho avuto modo di conoscere nei mesi successivi.

L’intervento sembrava fosse andato bene, anche se la difficoltà ad eseguire nei giorni successivi i più banali movimenti poteva già indurre a sospettare che qualcosa non fosse andato per il verso giusto…

Dimesso dopo qualche giorno, Vittorio viene trasferito in una clinica privata a Cosenza per iniziare la riabilitazione, ma pochi giorni dopo viene rispedito al Pronto Soccorso, in quanto i valori ematici risultavano alquanto alterati.

Riscontrata la gravità della situazione, dopo gli opportuni accertamenti, due giorni dopo viene operato di urgenza, in quanto si presentava una pericolosa infezione sulla quale era necessario intervenire subito con la rimozione parziale della protesi (solo la parte vicina alla testa del femore), evidentemente infetta, e l’applicazione di una nuova protesi. 

Seconda anomalia: normalmente per risolvere i casi come questo non si procede con l’applicazione immediata di una nuova protesi metallica, in quanto i rischi che l’infezione stessa si ripresenti nei mesi successivi, o non venga curata bene, sono molto alti. Purtroppo, fu proprio così…” 

In ogni caso, subito dopo l’intervento, al ciclista cosentino viene prescritto una cura antibiotica molto forte, attraverso la somministrazione degli opportuni farmaci, sia per via orale che per flebo.

La cura, iniziata all’Annunziata, viene proseguita presso la clinica INRCA, sempre a Cosenza, ed è durata circa un mese e mezzo. Nel frattempo, da ulteriori controlli, emerge una microfrattura all’altezza della testa del femore, sicuramente causata da uno dei due interventi precedenti.

A seguito di questa, mi è stato consigliato di continuare ad osservare riposo assoluto, onde evitare la necessità di intervenire una terza volta.

A conti fatti, il susseguirsi di questi inconvenienti mi ha letteralmente bloccato su di un letto di ospedale per due mesi circa. Tutto questo per una apparentemente banale frattura del femore, considerata oggi come uno tra gli incidenti più comuni e facilmente risolvibili.”

Solo dopo questo lungo periodo gli è stato dato l’ok per iniziare la fase di riabilitazione, svolta presso l’INRCA per circa 20 giorni, fino a quando è stato finalmente dimesso, il 17 agosto, data in cui finalmente gli viene concesso la possibilità di ritornare a casa dalla sua famiglia.

Il mese successivo ha proseguito il percorso riabilitativo in un centro fisioterapico di fiducia. Sembrava che il peggio fosse finalmente passato, ma nel giro di un mese sono tornati i dolori, in un primo momento sopportabili, ma via via sempre più forti. A questo punto Vittorio prese la decisione di rivolgersi a vari ortopedici della zona. 

«Va tutto bene», «deve avere pazienza» sono le parole che mi sentivo sempre dire, ma nel frattempo la situazione andava man mano degenerando, fino a non riuscire a svolgere le più banali attività della vita quotidiana, impedendomi finanche di camminare.

La sensazione era quella che non ci fosse via di uscita. Stavo perdendo ogni speranza. Davvero una brutta sensazione. Mi auguravo che qualcuno mi indicasse una via, per quanto dolorosa, ma niente. Le uniche parole che mi venivano dette erano «deve avere pazienza».

A questo punto, stremato, l’atleta decide di fare un giro di telefonate, rivolgendosi a qualche persona di fuori zona, conosciuta per via diretta o indiretta nel corso degli anni in cui ha praticato sport, e che avesse avuto in qualche modo lo stesso suo problema. Così decide di seguire il consiglio di un triatleta dell’Emilia-Romagna e contatta il Dottor Loppini dell’Humanitas di Milano, centro di eccellenza in materia di protesi d’anca.

Prende appuntamento a Roma nel mese di novembre (dopo ormai 5 mesi dalla caduta) con il Dottor Loppini, che è finalmente il primo a sapergli indicare una via, anche se molto lunga e sicuramente dolorosa.

Il dubbio fondato era quello che la protesi si fosse infettata nuovamente e i controlli prescritti dal Dottor Loppini confermarono questa tesi. Andava innanzitutto rimossa la protesi infetta con un intervento chirurgico. Quindi, andava curata l’infezione attraverso la somministrazione di antibiotici di vario tipo, per la durata di circa un mese e mezzo, e solo dopo applicata la nuova protesi con un altro intervento. Il colpo fu duro da digerire, ma quanto meno ora sapevo cosa andava fatto ed a cosa andavo incontro…

A rendere il tutto ancora più difficile è stata la lunga attesa che ho dovuto osservare. La lista delle persone in attesa di essere operate era purtroppo molto lunga e il Dottor Loppini mi anticipò che sarebbe stato difficile essere chiamati prima di febbraio/marzo. In effetti fu proprio così. 

Sono stati sei mesi interminabili, senza mai uscire di casa, se non per effettuare i controlli medici che mi venivano indicati. Solo il supporto della famiglia (ed in particolare di mia moglie) e degli amici che mi sono stati vicini, mi ha consentito di superare questo brutto periodo. 

Per il forte dolore avevo difficolta a dormire (riuscivo solo poche ore a notte), a camminare e a svolgere le attività più comuni. Andavo avanti con antinfiammatori e antidolorifici di ogni tipo, che però non sempre erano sufficienti ad alleviare il dolore. Non appena terminava il loro effetto ero costretto a prenderne degli altri.

Passavo il giorno seduto su di una poltrona rialzata. Solo qui riuscivo a lavorare al pc (mi è stato concesso dall’azienda di lavorare in smart working). Le altre ore del giorno le passavo con la famiglia o cercavo di distrarmi per lo più leggendo e guardando la tv.

Il 4 marzo di quest’anno vengo finalmente chiamato dall’Humanitas. L’operazione è prevista per la settimana successiva. In qualche modo, usufruendo del servizio di assistenza degli aeroporti, riesco a raggiungere Milano. 

Le sensazioni sono completamente diverse rispetto al precedente ricovero. All’Humanitas ho subito riscontrato una grande professionalità, organizzazione e soprattutto rispetto e attenzione per il paziente, tutto il contrario di quanto vissuto precedentemente. Mi sono sentito da subito in buone mani. Il timore che potesse andare qualcosa storto c’era sempre (inevitabile dopo la precedente esperienza), ma sentivo che si sarebbe fatto di tutto per far sì che ciò non avvenisse.

Fortunatamente il primo intervento è andato bene e dopo 15 giorni circa, sono stato dimesso. 

Ora sono di ritorno a casa. Sono ancora molto limitato nei movimenti (potrò camminare solo con le stampelle) e un po’ dolorante. Anche questo, però, è il prezzo da pagare affinché si possa risolvere definitivamente il mio problema. Mi era stato anticipato già prima dell’intervento stesso. 

La differenza sostanziale però è che adesso vedo all’orizzonte finalmente la risoluzione definitiva ai miei problemi e la possibilità di ritornare ad una vita “normale”…

Da parte nostra un grande in bocca al lupo Vittorio, per una pronta e definitiva guarigione!!!

Questi alcuni scatti del suo lungo percorso: