Riceviamo lo sfogo della nostra lettrice Michela:

“Sono qui a scrivere nuovamente sulla sanità calabrese perché purtroppo ieri è toccato a me in prima persona entrare nel pronto soccorso di Cosenza dopo essere stata investita da una macchina.
In ambulanza, mi hanno detto che bisognava andare al pronto soccorso per accertamenti più approfonditi e per stare sicuri, annunciandomi già che forse non c’era posto al pronto soccorso di Cosenza e che forse bisognava andare a quello di Paola… Poi, dopo pochi minuti, mi hanno rassicurato che c’era spazio al pronto soccorso di Cosenza, ma purtroppo, per me, non era per niente una rassicurazione.
Arrivo al pronto soccorso con l’ambulanza, mi danno una carrozzina ed entro: purtroppo nulla è cambiato: corridoio e stanzette colmi di pazienti, promiscuità maschio donna nella stessa stanza, poveri anziani agonizzanti in barella nel corridoio tra le grida di pazienti con problemi mentali.. e grida delle guardie giurate.
Aspetto sconfortata, pregando che non ho nulla di grave.
Infermieri e oss che vanno avanti e indietro, devo aspettare per fare raggi e tac alla testa, nel frattempo il mio ginocchio sanguina, la caviglia è gonfia come un palloncino e la fronte pure… Nessuno vede… Nonostante passano ripetutamente davanti a me.
Sino a quando sono io a richiamare l’attenzione chiedendo un misero fazzoletto all’infermiera, che mossa da pietà vista la mia umile richiesta, decide di medicarmi con acqua ossigenata e una garzina il solo ginocchio.
Chiedo poi sempre per favore, se è possibile avere un po’ di ghiaccio per la testa, arriva anche quello, come se fosse la prima dell’ultima prelibatezza.
Finalmente mi chiamano per fare i raggi e inizia la mia gita in carrozzina tra i corridoi e gli ascensori malfunzionanti dell’ospedale. No, non mi sta accompagnando a fare i raggi né un oss, né un infermiere, ma il mio fidanzato con una carrozzina mezza sgangherata che si fatica a spingere. Sembra un film dell’orrore, con la pretesa da parte degli operatori, di conoscere l’ospedale a memoria.
Trovo finalmente gentilezza e professionalità dai radiologi, tutti giovani e bravi che ringrazio di cuore, e dal medico che mi ha eseguito la tac alla testa.
Finalmente una rondine che fa primavera! Dopo i raggi, sono in ortopedia, anche qui un umanità e professionalità da parte del dottore Pasquale Guzzi che ringrazio di cuore.
Saranno forse le 22:00 essendo entrata alle 20:00… no, sono le ore 00:30.
Finisce la mia esperienza al pronto soccorso di Cosenza con qualche contusione, ematoma e microlesioni al tendine e prognosi di 20 giorni.
E’ andata bene… mi ritengo fortunata… poteva andare molto peggio.
Torno a casa, mi voglio “Lavare dal pronto soccorso” dico a mia madre, ma la verità è che mi voglio lavare dalle bruttezze che ho visto nel pronto soccorso di Cosenza… degli anziani lasciati lì in quei corridoi agonizzanti dalla loro sofferenza e solitudine.
E’ tardi e tutto finito… e invece no!
Arriva la tachicardia e l’ansia nel momento in cui a freddo realizzo che ho rischiato di morire quando mi sono trovata a terra senza sapere come sono stata investita, che mi è andata bene e che sono stata nell’orrore che solitamente critico spesso.
Mi addormento, finalmente, nonostante la nuova postura da avere per i prossimi giorni… mi addormento con la speranza di un mondo migliore… di una sanità calabrese migliore… Mi addormento ringraziando Dio e comprendendo ancora di più che la vita è molto effimera ed è capace di scombussolare e rompere tutti i progetti che stai facendo se vuole.
Mi addormento con il pensiero che da oggi mi godrò ancora di più ogni singolo giorno assaporandone ogni sfaccettatura possibile mi godrò la vita il tempo e soprattutto le persone.”
Michela Cospite


