Lettere 2.0: “In Calabria il Covid si batte con l’eccellenza e con l’amore. 35gg che non dimenticherò”

Riceviamo la bella testimonianza del nostro lettore Carlo:

 

 

IN CALABRIA IL COVID SI BATTE CON L’ECCELLENZE E CON L’AMORE.

Trentacinque giorni che non potrò mai dimenticare. Il Pronto Soccorso, i suoi rumori, la confusione di medici e malati, le barelle, le mascherine; sensazioni di qualcosa che avevo visto alla televisione, ma che dal vivo erano un’altra cosa: più definite, più realistiche e tangibili, che allontanavano il rumore fastidioso delle parole della tv così vuote e lontane.

Passare dall’interessarsi degli sviluppi del virus, ad esserne colpito, cambia la prospettiva in modo netto. Il lessico diventa bellico, come spesso è stato fatto durante l’emergenza, e parla della struttura come di un “ospedale da campo”, dove gli occhi dei pazienti erano spalancati, terrorizzati, in cerca di qualche segnale di conforto, dove le loro bocche erano desiderose d’aria che non bastava mai.

Il sostegno offerto senza risparmio dal personale sanitario: Infermieri e medici bardati da capo a piedi che si fanno partecipi di quel dramma e sono esempi di un’Italia meravigliosa.

Tutto ebbe inizio la mattina del 4 marzo c.a. quando mio padre, ottantenne cardiopatico, entrava in contatto con una persona positiva… ed in meno di ventiquattro ore fummo travolti irrimediabilmente da una tempesta. Messi in quarantena e da lì a pochi giorni, quello che temevamo si materializzò: “Positivi!” (mio padre, io e mio fratello).

La paura si impadronì subito della mia mente. Ero gravato da un peso enorme dal quale non riuscivo a svincolarmi. Chiesi e trovai conforto in Paola Scarcelli, eccellente dipendente Asp, che con le sue ferme disposizioni iniziò ad alleviare il nostro malessere.

Con il passare dei giorni la sua è diventata una presenza costante; un angelo per professione che, quando la paura, il dolore ed il freddo dei problemi ci hanno attanagliato, s’è posta a nostra guardia. È sempre riuscita a donarci serenità, malgrado la paura ci angosciasse nelle lunghe ore in cui affrontavamo l’urto della pandemia. Ha sempre rinunciato alla possibilità di stare a casa e proteggersi dal virus per continuare ad andare ogni giorno al lavoro, con lo stesso coraggio e passione che da oltre 25 anni le fanno amare quella ch’è diventata la sua missione ed il Volontariato

Paola ama aiutare ed alleviare il dolore degli altri. La sua passione nel prendersi cura del prossimo rende la sua professione un’arte. Ha mostrato una grande devozione ed una sconfinata preparazione ed è stata per noi: medico curante, psicologa, prete e consigliera; insomma quella figlia che i miei genitori avevano sempre desiderato; un’anima buona che è passata nelle nostre vite, lasciando un segno che resterà per l’eternità dentro di noi. A lei il nostro grazie più grande perchè senza di lei non ce l’avremmo fatta. Un grazie per averci donato le sue cose più preziose: il suo tempo, le sue conoscenze, le sue attenzioni, il suo amore.

Mio padre, dopo 16 giorni da asintomatico, sabato 20 marzo è costretto al ricovero causa febbre e saturazione bassa. Accolto nel Pronto Soccorso di Cosenza, il giorno successivo, dopo una diagnosi di polmonite interstiziale bilaterale, viene fortunatamente trasferito all’Ospedale “Mater Domini” di Catanzaro, presso l’Unità Operativa Complessa: Malattie Infettive e Tropicali – Centro Covid 19, gestito e guidato eccellentemente dal Prof. Carlo Torti e dalla Dott.ssa Chiara Costa.

Camere bianche, vuote. Accanto a lui semplici persone nelle sue stesse tristi condizioni, poi diventati grandi amici ed insieme uniti e pronti a farsi coraggio l’uno con l’altro.

Medici, Infermieri e OSS meravigliosi che mio padre, in 18 giorni, ha imparato a riconoscere prima dagli occhi e dopo distinguendoli dal loro rassicurante timbro di voce. Questo almeno lo incoraggiava perché aveva capito che oltre ad essere grandi professionisti erano delle persone con un cuore immenso. I suoi eroi, coloro i quali gli hanno ridato la forza, la speranza e soprattutto la VITA.

Spuntavano piccoli piccoli, avvolti di candido, efficienti e premurosi, laboriosi e sempre pronti a donare amore. Il loro supporto anche telefonico c’ha permesso di non far sentire mio padre mai solo.

Tutti ormai conoscevano mio padre, tutti lo salutano e lui faceva finta di riconoscerli in una individualità che non contava. Sotto quei bardamenti e visiere solo occhi, appannati, piccoli grandi, chiari scuri, che in altre circostanze sarebbe stato in grado di distinguere, di apprezzare, di commentare.

C’è Francesca, c’è Valentina, c’è Rosaria, c’è Chiara, c’è Laura, c’è Hellen, c’è Maria Teresa… Alcune quando iniziano il turno vanno da mio padre, controllano se dorme: se no lo salutano, gli fanno una carezza senza firma e senza prezzo. E gli rimboccano il lenzuolo. Ed il suo ansimare diventa respirare. E non che conti meno la strizzata d’occhio, da sotto la visiera, di Vincenzo, di Paolo, di Salvatore… Nonostante l’età di mio padre per loro in questi 18 giorni è stato sempre “il ragazzo”.

Per non dire delle dottoresse (in particolare la dott.ssa Maria Mazzitelli) e dei dottori: cari, magici, preparati, pazienti, amorosi.. dei familiari per ogni paziente.

A TUTTI LORO IL NOSTRO:”GRAZIE PER AVER SALVATO LA VITA DI MIO PADRE”

Non posso che esprimere tutta la mia riconoscenza ai medici e a tutto il personale infermieristico del reparto Covid del “Mater Domini” che lavora in maniera eccellente sia dal punto di vista professionale ma anche dal punto di vista umano, istaurando coi pazienti e con le loro famiglie un rapporto di servizio ma anche di autentica dedizione.

Anche in Calabria esistono strutture eccellenti dove l’impossibile non esiste; fiore all’occhiello per l’intera sanità italiana. Ed io voglio farlo sapere.

Infine e non certo ultimi, un “Grazie” enorme alla nostra Famiglia, alle Dottoresse Simona ed Angela Basile titolari della Farmacia “Nicotera Basile srl” ed agli amici di sempre: Giuseppe Rizzuti, poliziotto per vocazione, e Mauro Castiglione: nostra forza e sostegno, nonché grande stimolo ad andare avanti con determinazione e coraggio.

È grazie a tutti loro se posso dire: “Io non voglio sopravvivere, io voglio vivere””

Le parole di Carlo Maria Rovito