Lettere 2.0: “In attesa degli esiti dei tamponi e nessuno ci dice cosa fare. Sistema vergognoso”

Riceviamo lo sfogo della nostra giovane lettrice Alessia:

 

 

Sono una ragazza di Cosenza di 21 anni che per la prima volta ha avuto la necessità di assistenza sanitaria pubblica. Sono qui per denunciare un sistema squallido, fatto di negligenza, lunghe attese, noncuranza e svogliatezza.

Due settimane fa mio padre è risultato positivo a un tampone rapido nonostante sia stato sempre attentissimo alle misure anti covid, e da qui inizia il calvario della mia famiglia. Mia sorella, io e mia madre siamo risultate invece negative.

Vorrei iniziare a parlare del medico di famiglia, che esclusa la parte burocratica e la prescrizione di un antibiotico non ha fatto assolutamente nulla. Dopo giorni che mio padre aveva la febbre alta e la saturazione che scendeva fino all’88%, evidente segno di una polmonite in corso, non è stato in grado di effettuare, non dico una visita, ma quanto meno di cambiare i medicinali.

Il medico incaricato dall’asp, che sarebbe dovuto essere a disposizione non ha mai risposto al numero di assistenza. Così siamo stati costretti a chiamare il 118 per evitare di aggravare la situazione. Mio padre è ancora in ospedale e si sta riprendendo, ma la situazione a noi a casa non è migliorata.

Una settimana fa io, mia sorella e mia madre ci siamo recate al drive-in per effettuare il tampone, di cui i risultati ci sono stati comunicati dopo 4 giorni e infinite chiamate in cui stavamo in attesa per mezz’ora circa. Mia sorella è risultata positiva asintomatica, quindi ci hanno chiesto dei dati in attesa di nuove disposizioni.

Ad oggi, a una settimana dal tampone effettuato, nessuno ci ha ancora detto niente, nessuno sa niente. A qualsiasi numero proviamo a chiamare nessuno sa se io e mia madre possiamo tornare ai nostri impegni quotidiani. Non sappiamo nemmeno quando e se fare un altro tampone.

Sono abbattuta, stanca e delusa. Il problema è che qui sono poche le persone in grado di prendersi le proprie responsabilità e di fare il proprio lavoro. Non vorrei passare per una ragazzina viziata che non sa aspettare qualche giorno in più per avere notizie, perché non lo sono, anzi.

Sono pienamente consapevole dei danni immensi e delle crisi che questo virus ha creato al nostro Paese e al resto del mondo. Ma dove finiscono i miliardi di tasse investiti in sanità pubblica se la risposta che riceviamo quando ne abbiamo bisogno è solo l’eco della nostra rabbia?

La verità è che, almeno al Sud, se non conosci qualcuno, a nessuno interessa se vivi o muori. E credo di non parlare solo a nome mio. Vorrei solo far presente che dietro il telefono, dietro una richiesta di aiuto e assistenza ci sono delle persone, persone che hanno bisogno di risposte, di sapere, di tornare alle proprie vite, non per vizio, ma per necessità. Grazie.

Alessia