Lettere 2.0: “Devo attribuire ancora una volta la parola ‘ignoranza’ al mio amato sud”

Riceviamo le parole del nostro lettore Luca:

 

 

Domani la mia sveglia suonerà alle 7:00 come fa ogni mattina, dal lunedì al venerdì. E come ogni mattina dopo essermi preparato, farò attenzione a non dimenticare la mascherina prima di uscire di casa.

All’inizio mi sembrava così strano indossarla, la dimenticavo e dovevo tornare indietro a riprenderla. Ora invece c’ho fatto l’abitudine.

Per recarmi a lavoro sono costretto a prendere un autobus urbano, su cui è ancora obbligatorio l’utilizzo della mascherina ed il distanziamento di almeno un metro.

Lavoro in ospedale e all’entrata è stato allestito un tendone debitamente controllato, dove registrano la temperatura di ogni persona che entra nella struttura ospedaliera, lo hanno chiamato check-in. Ed ogni mattina munito di cartellino di riconoscimento e mascherina posso iniziare la mia giornata lavorativa, che va dalle 8 alle 17.

In queste otto ore, tolgo la mascherina soltanto nelle brevi pause e nella pausa pranzo di un’ora. Sto attento ad igienizzare continuamente le mani, lo faccio così spesso che le ritrovo screpolate a fine giornata. Sono un ragazzo di 22 anni, meridionale, che lavora lontano da casa e questo comporta non pochi sacrifici.

Una di quelle storie già sentite e risentite, di cui non ho intenzione di parlare. Mi rivolgo semplicemente ai miei coetanei, perché rivolgermi ad uno “stato” inesistente non avrebbe alcun senso. So che avete voglia di divertirvi, anche io ne ho. Ma vi chiedo di farlo nel modo giusto.

Siamo ancora in uno stato di emergenza, il virus non è stato debellato. Continuano a morire persone. Mi dispiace attribuire ancora una volta la parola ignoranza riferendomi al mio amato sud. Ma ahimè, sono costretto a farlo. Abbiate rispetto degli altri e soprattutto di voi stessi.

Di chi come me è costretto a lavorare fuori e vorrebbe tornare dalla propria famiglia per i pochi giorni di ferie che ha a disposizione.

Scusate lo sfogo.

Luca