Riceviamo l’appello della nostra lettrice Fiorella

“È la fine di febbraio. In Italia il virus si dilaga in poco tempo e senza nemmeno darci il tempo di prenderne consapevolezza, prende possesso del mondo diventando pandemia.
Ci viene chiesto di restare nelle nostre case, di proteggerci e proteggere chi ci circonda.
Travolti da un’ondata di informazioni poco chiare, piano piano prendiamo coscienza di ciò che sta accadendo e rispettando ciò che ci viene chiesto, iniziamo a cambiare il nostro vivere quotidiano.
La paura, nei giorni prende il sopravvento e ci inchioda sempre di più tra le mura di casa, creando in noi una distanza non solo fisica ma anche mentale verso l’altro.
Le Regioni chiudono e dopo due mesi i contagi calano, facendo così sperare in una graduale ripresa.
È il 4 di maggio, la stretta viene allentata e si permette finalmente ai congiunti, della stessa Regione, di potersi vedere.
Di abbracciarsi.
Di poter condividere con uno sguardo, che non sia da uno schermo del cellulare, preoccupazioni ma anche speranze.
E poi ci siamo noi, noi che come tante altre coppie, ci vediamo negare questo diritto, perché residenti in Regioni diverse.
[better-ads type=’banner’ banner=’11224′ ]
Due mesi pieni, intensi, nei quali abbiamo dovuto imparare un nuovo modo di sentirci vicini.
Mesi in cui le giornate si sono riempite solo di chiamate, messaggi e videochiamate, nell’attesa di potersi sfiorare di nuovo.
Anche in un’era tecnologica come la nostra, uno schermo di un cellullare non può bastare.
Mi chiedo: È giusto tutto questo? Perché in questa seconda fase, non si è pensato anche a chi ha affetti lontani che potrebbe raggiungere in piena sicurezza?
In un periodo storico così difficile, l’amore è un antidoto. È protezione. È conforto. È casa.
I kilometri ci separano ma, questa volta, diventano un muro che non ci è permesso abbattere.
Vorrei tanto che la mia voce, così come quella di tante persone nella mia stessa situazione, non resti inascoltata!“
Fiorella


