Lettere 2.0: “Analisi con Esenzione – Conoscete la frode legalizzata dei «biglietti sotto la pietra»…?”

Riceviamo lo sfogo della nostra lettrice:


“Richiesta di pubblicazione in forma anonima (motivi spiegati alla fine del testo)

“Il biglietto sotto la pietra”

Quando ammalarsi non basta: bisogna anche conoscere le regole dell’illegalità.

Due anni fa mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla. Una malattia che non lascia tregua: la vivi nel corpo e nella mente, con la paura costante di una nuova lesione, di un nuovo farmaco, di una nuova incertezza.

Di recente una risonanza ha mostrato un’altra lesione, e il mio neurologo — che mi segue da Roma — mi ha chiesto di fare con urgenza delle analisi per capire se la terapia stia ancora funzionando o se io abbia contratto delle infezioni.

Ora vivo in Calabria e, come ogni persona con una patologia cronica, ho diritto all’esenzione. Così, con la mia prescrizione e il codice di esenzione, mi sono rivolta ad un Centro di Cosenza.

Sul sito non era possibile prenotare con esenzione, quindi ho deciso di presentarmi di persona. Alle 6:45 del mattino ero già lì, al freddo, con il mio compagno. Alle 7:10 arrivano altre persone. Pensiamo che, come noi, siano lì a fare la fila. Invece no: erano in macchina, “perché faceva freddo”.

All’apertura, tra spintoni e confusione, riesco a prendere il numero 2 per “analisi con esenzione”. Mi sento quasi sollevata: ce l’ho fatta, potrò consegnare i risultati al mio neurologo in tempo.

Poi, all’improvviso, scoppia la lite. Un uomo sostiene di essere “il vero numero 1”, un altro lo contraddice, e in mezzo ci finisco anch’io.

All’inizio i dipendenti del laboratorio sostengono che “è una cosa da risolvere tra voi”, perché “non erano presenti” al momento dell’arrivo. Ma poco dopo, invece di mantenere la neutralità, mi costringono a cedere il mio numero al signore “abituale”, come se la colpa fosse mia.

Alla fine, uno di loro — con aria di chi sa come funziona davvero — mi dice: “Signora, doveva prendere il bigliettino fuori… sotto la pietra.”

Resto senza parole…

Chiedo dove sia scritto questo regolamento, dove sia indicato che esistono “biglietti sotto una pietra”. Il dipendente, visibilmente nel torto, abbassa lo sguardo e balbetta: “No, è una cosa che fanno loro…”

E “loro”, scopro subito dopo, sono i cinque fortunati che ogni mattina trovano quei biglietti nascosti sotto una pietra vicino all’ingresso. Solo chi li trova ottiene l’accesso all’esenzione. Gli altri, anche se malati e con prescrizione regolare, devono pagare.

E allora tutto si spiega: i “fortunati” che aspettavano in macchina erano proprio quelli che avevano già trovato quei biglietti. Gliel’ho fatto notare — davanti a tutti — ma a nulla è servito.

Le due signore bionde alla reception, insieme a un altro impiegato, hanno confermato con naturalezza quel sistema. Uno di loro, persino con tono infastidito, mi ha intimato di cedere il mio numero al signore “abituale”, perché “era arrivato prima”.

Le due signore, invece di far rispettare l’ordine o almeno ascoltare la mia spiegazione, si sono voltate dall’altra parte, come se tutto questo fosse perfettamente normale. Ho provato a spiegare che non ero lì per capriccio, ma per un controllo urgente legato alla mia terapia. Mi è stato risposto che, se volevo, potevo rifare tutto “a pagamento”. Come se la mia salute fosse un fastidio.

Allora, con la voce tremante ma ferma, gli ho consegnato il mio bigliettino e ho detto: “Benissimo. Mi pensi ogni tanto. Perché io questi esami li dovevo fare per sapere se la mia cura funziona ancora.” Nessuno ha capito… Anzi, l’uomo si è persino risentito, come se la mia frase fosse un’offesa.

Ma io non avevo più la forza di discutere. Il nervosismo, lo stress, la rabbia — tutti sentimenti che per me sono pericolosi, perché la mia malattia peggiora proprio con queste sollecitazioni — mi hanno travolta. Alla fine ho rinunciato a fare le analisi. E per tutto il giorno sono stata male.

Sono uscita dal centro con una rabbia fredda e la sensazione di aver varcato il confine tra il disservizio e la truffa legalizzata.

Forse questa storia non servirà a nulla, o forse potrà servire a qualcosa: a far capire che il diritto alla salute non può dipendere da chi conosce il trucco del biglietto sotto la pietra.

Non ci vuole molto per cambiare: un sistema di prenotazione online, una semplice telefonata, una gestione trasparente delle esenzioni. Niente “pietre” né “posti riservati”. Solo rispetto, equità e un po’ di umanità. Perché chi combatte ogni giorno contro una malattia non dovrebbe mai doversi difendere anche da un sistema malato.

Nota finale per i lettori:
Ho chiesto che questa storia venga pubblicata in forma anonima, non per paura o vergogna, ma per tutelare la mia privacy: alcune persone della mia famiglia non conoscono ancora la mia diagnosi. La racconto comunque, perché certe cose vanno dette. Perché chi vive ogni giorno con una malattia cronica non dovrebbe mai essere costretto a scegliere tra la cura e la dignità.”