Bruno – Il volontario cosentino che nel carcere Cosmai vive il suo operato come una vocazione

Il volontariato vissuto come vocazione. Ascolto e vicinanza tra gli ultimi

Essere volontari è la tematica esplorata nell’intervento del convegno di Daniele Bruno, laureato in scienze religiose, segretario dell’Ufficio Missionario della nostra diocesi, che lavora come operatore socio sanitario e collabora in maniera volontaria con la Casa circondariale Sergio Cosmai.

“Sono andato ad intraprendere questa attività in carcere, spinto dalla volontà di stare vicino alla sofferenza altrui, cercare anche di stare vicino agli altri e di portare sollievo, facendo qualcosa di concreto. Questo è alla base della mia motivazione. Inoltre volevo capire se l’esperienza di volontariato intrapresa fosse quella giusta e questo ha contribuito a focalizzarmi sul tema.

Poi un giorno ho incontrato don Victor Velez Loor, cappellano della Casa circondariale. Avevo nel cuore questo mio desiderio e lui, vista la particolarità della realtà carceraria, mi ha consigliato di procedere con prudenza e per gradi, quasi a voler vagliare la mia vocazione.

All’inizio infatti ho prestato attività di volontariato presso strutture ed associazioni di arresti domiciliari, dove ho cominciato ad ascoltare le loro esperienze, e solo dopo qualche tempo, disbrigate le necessarie pratiche burocratiche, ho iniziato il volontariato in carcere.”

Daniele comincia partecipando alle messe celebrate da don Victor, inizia a suonare la chitarra anche con i detenuti ed a organizzare momenti di preghiera, come la recita del rosario. Anche in questo modo ha cercato di instaurare una relazione che si basasse sulla fiducia, per creare con il tempo una certa confidenza.

In un secondo momento si è anche occupato di raccolte di indumenti per coloro che ne avevano bisogno ed ha partecipato a laboratori artigianali insieme ai detenuti.

“Umanamente parlando, è un’esperienza difficile ma al contempo molto bella e profonda. Quando si lascia la cellula all’ingresso del carcere tutto il tuo mondo sembra scomparire, ogni cosa viene lasciata alle spalle per concentrarsi sulla bellezza di quegli incontri, di quegli occhi, perché in quel momento sei per loro il punto di riferimento. La parte difficile è la consapevolezza di essere in una realtà molto particolare, di profonda sofferenza.

Spero che questa esperienza possa risuonare in altri, i quali magari hanno anche loro questa sorta di ‘vocazione’ o desiderio, che potrebbe diventare una strada da percorrere.”

Complimenti Daniele… ed avanti tutta!