Riceviamo lo sfogo di una nostra lettrice:

“Vorrei raccontare la mia disavventura al nosocomio di Cosenza.
Sono in stato di gravidanza di 9 settimane.
Il 12 ho perdite ematiche e mi reco al pronto soccorso dell’Annunziata. Dopo aver fatto il triage mi mandano in ginecologia, dove una dottoressa mi esegue un’ecografia interna e mi riferisce che la camera gestazionale era vuota, per cui era intervenuto un “aborto ritenuto”.
Referta il tutto e mi dice che se entro giovedì non mi fossero arrivate le mestruazioni venerdì mattina sarei dovuta ritornare con urgenza in ospedale per essere sottoposta alla pratica medica del raschiamento.
Detto questo chiamo il mio ginecologo, di un’altra regione, e fisso immediatamente appuntamento per il giorno successivo, ovvero il 13 aprile.
Il 13 aprile il ginecologo esegue ecografia per capire cosa fosse accaduto alla gravidanza alla luce del referto del pronto soccorso calabrese.
Ebbene, appena esegue ecografia appare subito evidente la presenza dell’embrione nella camera gestazione.
Ora ciò che mi è accaduto è gravissimo perché se io non mi fossi recata dal mio ginecologo di fiducia venerdì in ospedale mi avrebbero praticato un raschiamento uccidendo il feto.
Logicamente la dottoressa, se così vogliamo definirla, ha omesso di indicare il suo nome sul referto ospedaliero, ma questo episodio non deve rimanere impunito.
Intanto inizio con una denuncia informativa perché tutti devono sapere.
Appena mi sarà possibile presenterò la denuncia agli organi giudiziari competenti.
Se non si è in grado di fare il medico si può rimanere a casa a fare le pulizie, sempre se è in grado di farle…”
Lettera firmata


