Riceviamo le parole della nostra lettrice Rossella:

“Buongiorno. Mi chiamo Rossella, sono una ragazza in carrozzina, e recentemente sono stata ricoverata nel reparto di Malattie Infettive-presidio ospedaliero Annunziata di Cosenza. Voglio raccontare la mia esperienza perché, come spesso accade, convivono luci e ombre, problemi ancora presenti ma anche esempi di grande umanità e dedizione.
Durante il ricovero ho avuto la fortuna di incontrare un personale sanitario estremamente preparato: medici e dottoresse sempre gentili e disponibili, infermieri e OSS pronti ad aiutarmi, non solo nei bisogni quotidiani ma anche nel trovare soluzioni pratiche e alternative.
Voglio ringraziare in modo particolare il primario Antonio Mastroianni del reparto, che ha mostrato una sensibilità rara: ha saputo ascoltare, capire la mia condizione e si è attivato concretamente per migliorare il mio soggiorno.
Non è scontato, in un contesto ospedaliero, trovare chi si mette nei panni dell’altro, specialmente quando si ha una disabilità. In questo caso, è stato persino concesso a mio fratello di essere presente ogni giorno e notte per aiutarmi con la fisioterapia, garantendomi un supporto fondamentale.
Tuttavia, accanto a questa grande attenzione da parte del personale, restano gravi problemi strutturali che non possono essere ignorati…
La stanza in cui ero ricoverata non era accessibile in modo adeguato: il bagno era troppo stretto per la mia carrozzina, non c’erano maniglioni di sostegno, e non ho potuto fare una doccia per tutta la durata del ricovero, perché non esisteva un accesso adatto nemmeno per una piccola sedia in doccia.
Questa mancanza di accessibilità non è solo un disagio, ma rappresenta una vera e propria barriera alla dignità e all’autonomia. Se il personale non si fosse mostrato così disponibile, se non avessi avuto la possibilità di avere mio fratello con me, mi sarei trovata in seria difficoltà – in un luogo pubblico che dovrebbe invece garantire cure e accoglienza per tutti.
Il mio intento non è criticare gratuitamente, ma dare voce a una realtà che spesso resta invisibile. Le strutture sanitarie devono essere pensate per ogni tipo di paziente, non solo per chi può muoversi autonomamente. Il diritto alla salute passa anche attraverso l’accessibilità.
Con questo articolo vorrei quindi ringraziare profondamente tutto il personale sanitario che ha reso questa esperienza più umana e meno difficile, ma anche lanciare un appello a chi ha la possibilità di intervenire sulle strutture: l’accessibilità non può più essere un’opzione, deve diventare una priorità.
Perché ci sono esperienze che ti fanno sentire inadatto e segnano nel profondo.. e fin dal primo giorno mi è stato chiaro che la struttura in cui mi trovavo non era pensata per persone come me…
Oggi scrivo anche per chiedere un cambiamento. Perché la buona volontà non può e non deve essere l’unica arma contro le barriere architettoniche.
Le strutture devono essere accessibili. Sempre.
Non possiamo continuare ad affidarci solo all’empatia dei singoli – che, per fortuna, esiste – ma serve una progettazione inclusiva. Serve rispetto. Serve ascolto. Perché la disabilità non è un’eccezione. È parte della vita. E la dignità di una persona non può mai passare in secondo piano.
Grazie”
Rossella

