Royalties sui marchi: guida alla tassazione e gestione corretta

Il mondo delle royalties legate ai marchi rappresenta un ambito spesso sottovalutato e, purtroppo, poco compreso da molte persone fisiche che si approcciano per la prima volta a questa forma di reddito immateriale. La gestione corretta e consapevole di questi compensi può fare la differenza tra un’operazione vantaggiosa, che ottempera agli obblighi fiscali e legali, e una che invece rischia di precipitare in problemi seri di carattere economico e giudiziario. Per questo motivo, è fondamentale acquisire una piena consapevolezza non solo delle modalità di tassazione, ma anche delle corrette procedure da seguire, delle criticità da evitare e delle opportunità che il sistema fiscale italiano offre, magari anche con qualche agevolazione che può alleggerire il carico fiscale complessivo.

L’importanza di capire cosa sono le royalties

Le royalties, in effetti, rappresentano una forma di retribuzione legata all’utilizzo di un bene immateriale di proprietà di un soggetto, persona fisica o giuridica. Nel nostro contesto, si tratta di compensi pagati per l’uso di un marchio, di un brevetto, di un’opera d’autore, oppure di altri diritti intangibili. La definizione è semplice, eppure ci sono molte sfumature che vanno conosciute, perché il modo di calcolare e di tassare queste rendite può variare a seconda delle circostanze e delle scelte fatte dal titolare. In Italia, le royalties sono considerate un reddito di natura diversa rispetto alle normali attività commerciali o di lavoro autonomo, quindi meritano un’attenzione particolare, soprattutto nel momento in cui si decide di riceverle come persona fisica piuttosto che attraverso una società.

Il concetto di base, comunque, resta abbastanza intuitivo: si tratta di un “canone” che si versa alla persona o all’entità titolare del diritto, in cambio dell’uso di quell’immateriale che, nel tempo, può aver acquisito un valore importante. Chi possiede un marchio di successo, ad esempio, può decidere di concederne l’uso ad altre aziende, percependo così un reddito che, se gestito con attenzione, può diventare una fonte stabile di guadagno. Tuttavia, attenzione: il semplice fatto di ricevere royalties non garantisce automaticamente i benefici fiscali o le agevolazioni, perché bisogna rispettare alcune regole imprescindibili, soprattutto sulla documentazione e sulla corretta impostazione dell’operazione.

La tassazione delle royalties: regole e vantaggi

Uno dei primi aspetti da chiarire è come vengono tassate le royalties, perché spesso molte persone commettono errori che si pagano cara. La normativa fiscale italiana prevede un regime di tassazione agevolato per le persone fisiche che percepiscono questi compensi, grazie a una deduzione forfettaria che si applica in base all’età del titolare. Per i soggetti che hanno fino a 35 anni, infatti, il reddito netto su cui si calcola l’imposta si riduce al 60% dell’importo percepito, quindi si applica un’aliquota ridotta del 40%. Per chi supera questa età, la deduzione si alza al 75%, lasciando dunque solo il 25% dell’importo soggetto a tassazione. Si tratta di un vantaggio importante, perché permette di ridurre significativamente l’impatto fiscale su questi redditi.

Dal punto di vista dell’effettiva aliquota marginale, per un individuo over 35 la tassazione può variare dal 17,25% fino a circa il 32,25%, a seconda degli scaglioni IRPEF applicabili. È importante sottolineare come questo sistema agevolato nasca proprio con l’intento di favorire chi riceve royalties di importo moderato o medio, anche perché la tassazione effettiva si rivela più contenuta rispetto a quella che si applica su altri redditi assimilabili. Per esempio, un contribuente che percepisce 100.000 euro di royalties, dopo l’applicazione della deduzione forfettaria del 25%, avrà una base imponibile di circa 75.000 euro, su cui si calcolano le aliquote progressive. I risultati di questa scelta fiscale sono spesso molto vantaggiosi, perché permettono di contenere le imposte e, di conseguenza, di ottimizzare il risultato netto.

Come calcolare correttamente le imposte: un esempio pratico

Per comprendere meglio, si può fare un esempio. Immaginiamo un contratto di licenza di marchio stipulato con una royalty del 5% sulle vendite nette di un’azienda, con vendite annue di 2 milioni di euro. Le royalties così calcolate saranno di 100.000 euro, che rappresentano una cifra importante e, se ben gestita, può portare a buona redditività. Se il soggetto proprietario del marchio ha superato i 35 anni, potrà dedurre il 25% di questa cifra, portando la base imponibile a circa 75.000 euro. Applicando le aliquote IRPEF di quelli scaglioni, si ottiene un’imposta totale di circa 25.150 euro, e quindi una tassazione effettiva di poco superiore al 25%. È un risultato molto conveniente rispetto a un’aliquota progressiva più alta, e dimostra come un’attenta pianificazione fiscale possa giocare un ruolo determinante.

Naturalmente, bisogna ricordarsi che questa analisi va accompagnata da una corretta tenuta della documentazione e da una gestione puntuale del contratto di licenza. È fondamentale, infatti, documentare chiaramente le ragioni economiche dell’operazione, stabilendo che le royalties sono compatibili con il valore di mercato e con le condizioni di libera concorrenza. Solo così si evitano rischi legati a contestazioni o sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Errori comuni e rischi da evitare

Tra gli errori più frequenti che si verificano nella gestione delle royalties, ve ne sono alcuni che potrebbero compromettere l’intero meccanismo di vantaggio fiscale. Prima di tutto, bisogna verificare che la titolarità del marchio sia corretta e che non si tratti di un “marchio di fatto” che potrebbe essere contestato come proprietà non ufficiale. La registrazione del marchio, inoltre, non dovrebbe essere percepita come un semplice atto formale, ma come una reale attribuzione di un diritto che ha un valore economico comprovato.

Un altro errore molto comune consiste nel stabilire le royalties a valori non di mercato, cioè troppo alti o troppo bassi rispetto a quelli del settore, per intendere di avere un’operazione genuina e documentata. È fondamentale, invece, rispettare le condizioni di libera concorrenza, perché l’Agenzia delle Entrate può contestare operazioni che appaiono fatte esclusivamente per risparmiare fiscalmente, senza una reale validità economica. In questo senso, è sempre consigliabile affidarsi a consulenti qualificati, che sappiano valutare correttamente la situazione oggettiva e strutturare i contratti di licenza in modo trasparente e conforme alla normativa.

Se si sbaglia in questa fase, i rischi sono molto elevati: sanzioni di tipo fiscale, che possono arrivare fino al 200%, e anche possibili accuse di appropriazione indebita o di abuso del diritto. La vicenda può degenerare, portando a contenziosi giudiziari o a sanzioni pecuniarie che compromettono la stabilità economica personale e futura. Per questo motivo, un’attenta analisi preventiva, accompagnata da consulenza professionale, rappresenta la scelta più saggia per chi intende operare nel campo delle royalties sui marchi, cercando di sfruttare le agevolazioni senza incorrere in rischi inutili.